Stazioni di campagna
Eccoci qui, mi sembra di aver scritto il primo blog ieri ed invece è già passata una settimana!
Stamattina mi sono svegliato in campagna e sono partito di fretta dopo aver fatto un rapido giro in giardino.
L’autunno ha ormai lasciato il posto ad un vero e proprio clima invernale.
Le temperature si sono abbassate in ritardo e la Mahonia japonica è in fioritura con circa un mese di anticipo, mentre la Nandina domestica ha già il suo aspetto natalizio, carica come ogni inverno di bacche tanto rosse e lucide da sembrare laccate. Mahonia e Nandina sono due arbusti piuttosto comuni, hanno avuto un momento di gloria negli anni ’90, qualsiasi vivaista li proponeva, mentre oggi mi pare vengano tenuti in scarsa considerazione; a me sembrano irrinunciabili in un giardino continentale dove d’inverno il colore è così raro!
Cosa ne pensate?
Oggi andiamo alla stazione e ci andiamo in bicicletta.
Sì, sono una di quelle persone che quando non ha fretta preferisce spostarsi in treno. Naturalmente ho perso quello su cui avevo programmato di salire ed allora ne ho approfittato per dare un’ occhiata in giro.
La stazione di Castelvetro Piacentino è stata costruita negli anni ’30 del secolo scorso in stile neoromanico, con la cura e i materiali di qualità che caratterizzano quasi tutti gli edifici eretti fino alla Seconda Guerra Mondiale.
La bassa piacentina è zona di fornaci, da secoli vengono prodotti mattoni di ogni foggia e naturalmente ricchissimi elementi decorativi come metope, cornici, sottogronda e davanzali. Per questo edificio pubblico venne quindi scelto il materiale locale per eccellenza: la terracotta.
Il rivestimento delle facciate è in mattoni per durare nel tempo, non ha impatto sul paesaggio e richiede scarsa manutenzione. Seguendo lo stesso criterio la zoccolatura è stata realizzata in pietra: sopporta meglio l’ umidità e gli urti.
La scritta che annuncia al viaggiatore in maniera asciutta ed inequivocabile il luogo in cui è giunto è in terracotta smaltata, ben leggibile e duratura pure lei , le inferriate sono ingentilite da piccole margherite (o saranno anemoni?).
Gli interni sono ugualmente curati: per i pavimenti è stato scelto un motivo a scacchiera in marmo bianco e rosso, per gli arredi un solido rovere modellato in fogge vagamente Luigi XVI e decò. Tutti materiali che col tempo possono solo maturare una piacevole aria vissuta.
La biglietteria è sempre in rovere e ferro battuto e il soffitto dell’ingresso è decorato con un affresco raffigurante un cielo zodiacale, il viaggiatore può ingannare l’attesa sognando le stelle.
E’ impossibile non notare la cura dedicata alla realizzazione della stazione, tutto è frutto del lavoro e dell’ esperienza di artigiani della zona: il lampione esterno, l’orologio, la campanella che avverte dell’arrivo dei treni. Ogni cosa è pensata per rendere un servizio al viaggiatore ed insieme allietarne la permanenza.
Mi commuove in particolare l’insegna che indica la presenza di un telefono pubblico, non so se gli adolescenti di oggi siano consapevoli di quanto rassicurante fosse per i ragazzi della nostra generazione quell’insegna: vederla (ed avere dei gettoni in tasca) significava poter chiamare la mamma a casa per chiederle di venire a recuperarci alla stazione.
Anche al disegno degli edifici di servizio sono state riservate le stesse attenzioni.
Purtroppo mi tocca ammettere che il quadro di questa piccola stazione di campagna non è così idilliaco, ci sono diversi elementi che ne disturbano l’armonia e naturalmente, a parte il condizionatore che si intravede nella prima foto, sono tutti elementi aggiunti negli ultimi tempi.
Fino a qualche mese fa c’erano delle semplici panche in ferro e legno con schienale. Queste panchine risalivano all’epoca di costruzione della stazione ed erano arrivate sane fino ad oggi grazie a qualche semplice ed economica mano di vernice che i capistazione che si erano succeduti negli anni avevano fatto passare.
Oggi hanno messo queste (il tappetino da yoga è di Francesco ed è più coerente col contesto delle panche stesse).
Come vedete nel togliere le vecchie panchine che erano fissate al muro hanno rotto la zoccolatura di pietra arrivata indenne al 2015. Queste nuove sono brutte, scomode e dureranno in queste condizioni 10 anni perché non potranno sopportare dignitosamente l’usura degli agenti atmosferici, verranno buttate e sostituite con altre ancora più brutte proposte da una nuova ditta appaltatrice.
Hanno messo anche i nuovi bidoni della spazzatura.
Sono un grande fan della raccolta differenziata, ma se 80 anni fa avevano avuto la sensibilità di mettere dei cestini della spazzatura semplici in ferro verniciato che hanno resistito fino ad oggi (ad un mese fa a dire il vero) perché non tentare anche ora di trovare qualcosa di coerente e meno impattante.
La causa principale di questi errori credo sia la centralizzazione della gestione di queste piccole stazioni.
Un tempo al piano superiore vi abitava il capostazione con la famiglia, associando il luogo di lavoro alla propria casa ne conseguiva il desiderio di mantenerla in condizioni decorose, come fosse una sorta di biglietto da visita per il proprio lavoro e la propria famiglia. Oggi gli scambi dei treni sono gestiti soprattutto attraverso pannelli elettronici che richiedono scarso bisogno di personale. Le scelte degli elementi di arredo non sono più peculiari di zona in zona perché sono uniformi su tutto il territorio di competenza Trenitalia, l’ addio ai materiali locali ci porta ad avere la stazione calabrese identica a quella veneta.
Insomma, alla fine ho preso quel benedetto treno e sono arrivato a Brescia ad un appuntamento di lavoro e ciò a cui mi sono trovato di fronte è stato questo:
Poi sono entrato nel Duomo Vecchio, ho scattato queste brutte fotografie ed ho pensato: l’Italia è effettivamente in caduta libera, fino a quando non verrà assegnato il giusto valore al suo patrimonio artistico ed al suo paesaggio questo paese avrà sul tavolo solo le carte per peggiorare, ma per quanto amministrazioni, costruttori e governo si impegnino tantissimo per rovinarlo, ci sarà sempre qualcosa di bellissimo su cui potremo indirizzare lo sguardo.
6 Comments
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Buongiorno
reportage meraviglioso si vede la passione e la competenza di chi scrive. descrizione minuziosa di particolari.
credo e penso che il tuo modo e garbo oltre a fare conoscere i gioielli del nostro paese, appassioneranno al bello molti.
Gio
Grazie Giovanni, davvero hai scritto parole bellissime!
Delicato,bello e intelligente il commento. Purtroppo l’essere consapevoli di certe realtà non le rende meno tristi e squallide,ma c’è sempre qualcosa,qualche piccola cosa che ciascuno di noi può fare per “ridurre i danni”;ecco il tuo blog e le tue osservazioni sono parte di quel “qualcosa”,ed il fatto che le leggiamo e a nostra volta le commentiamo e le divulghiamo è un altro piccolo contributo al cambiamento.Grazie GIanma.
Grazie Sveva, anche io sostengo che sia importante un piccolo contributo di tutti!
GMM, ci hai regalato un reportage meraviglioso e commovente ma certo anche deprimente: un presente indegno del passato è il brutto biglietto da visita , come dici tu, di un paese allo sbando culturale (per non parlare del resto).
Grazie Attilio, è molto triste, ma purtroppo credo che non ci sia soluzione, è una parabola discendente che avrebbe bisogno di una presa di coscienza collettiva per la quale gli italiani non sono molto portati.